Alcol e gravidanza: no anche a un bicchiere di vino!

Le bevande alcoliche sono un prodotto il cui consumo è socialmente accettato ed è parte integrante della storia e della cultura di molti paesi, Italia compresa.
Nonostante ciò il suo consumo risulta un importante problema di salute pubblica perché se da un lato un basso consumo può avere effetti positivi, riducendo il rischio di malattie cardiovascolari (effetto attribuito soprattutto al vino rosso per il suo elevato contenuto in polifenoli come il resveratrolo) dall’altro le intossicazioni acute (diffusissime tra la popolazione più giovane) e croniche (alcolismo) possono avere risvolti assai gravi sulla salute delle persone, compresa l’aumentata insorgenza di alcune tipologie di cancro.
L’alcol (etanolo) non è da considerarsi un nutriente in quanto apporta calorie (7 Kcal/g) senza fornire all’organismo alcun nutrimento. Non svolge quindi un ruolo metabolico e funzionale. Dall’organismo umano è visto come una sostanza estranea, tossica e psico-attiva, per la quale non è possibile definire una dose di consumo da considerarsi sicura.
A causa dei possibili effetti dannosi dell’alcol direttamente sul feto ma anche per le possibili manifestazioni a lungo termine sulla salute del bambino è raccomandata l’astensione totale dal consumo di bevande alcoliche in gravidanza (Linee guida Gravidanza Fisiologica, 2011; Raccomandazioni per il Counselling preconcezionale, 2011; Consensus SIPPS, 2016).
L’alcol ha la capacità fisico-chimica di diffondere molto facilmente nell’acqua corporea compresa quindi quella del liquido amniotico e del latte, rappresentando un serio pericolo sia per il feto che per il lattante. L’alcol ed i suoi metaboliti tossici come l’acetaldeide sono anche in grado di attraversare la barriera placentare, arrivando in maniera diretta al feto, il quale però e incapace di metabolizzarli.
Gli effetti dell’abuso di alcol sul feto sono ben documentati da numerosissimi studi e comprendono un aumentato rischio di aborto spontaneo, morte fetale e il manifestarsi della “sindrome fetale alcolica” (FAS) e dei suoi sintomi (FADs), i quali provocano gravi effetti sul feto come ad esempio ritardi dello sviluppo dopo la nascita e dismorfologie facciali (es: ipoplasia mascellare). Con il tempo e grazie ai numerosi studi condotti dalla comunità scientifica si è visto che anche il consumo di dosi inferiori a quelle che causano i FADs possono comunque avere gravi conseguenze a livello psico-comportamentale sui futuri bambini, dovuti all’esposizione all’etanolo durante lo sviluppo delle cellule cerebrali.
Alcuni esempi sono:
- Disturbi della memoria e dell’attenzione (Suess et al., 1997)
- Disturbi comportamentali come aggressività, delinquenza ed alterazioni della sfera sessuale (Sood et al., 2001; Kelly et al., 2000).
L’esposizione all’alcol in gravidanza è anche causa di un aumentato rischio di parto prematuro e altre condizioni come i disturbi del sistema immunitario e l’aumentato rischio di tumori infantili (Latino-Martel et al., 2010; Roozen et al., 2016). Nell’aderire al modello della dieta Mediterranea, consigliata in gravidanza perché favorisce la salute della madre e del feto, la donna in gravidanza deve comunque astenersi totalmente dal consumo di alcol, per essendo previsto il suo consumo in quantità limitate nell’ordine delle 1-2 unità alcoliche.
Per quanto riguarda l’allattamento rimangono le stesse indicazioni di astensione totale, tuttavia la concentrazione di alcol nel latte riflette la concentrazione ematica. Ipotizzando condizioni di forte consumo, in ogni poppata sarà presente una quantità davvero piccola di etanolo. In genere, il tempo di metabolizzazione dell’etanolo che occorre alla madre è anche lo stesso tempo che occorre aspettare prima di allattare al seno il bambino per evitare l’esposizione all’alcol.
(CREA: Linee Guida per una sana alimentazione – Dossier Scientifico Ed. 2018)